Clu & Azienda Agricola Recudino nel cuore della Valle Imagna
- «Cava, ho bisogno di uno strachitunt e di un formaggio di capra lo cerchiamo qua in giro? Conosci qualcuno?»
- «Eh no, Edo… ho sempre pensato che la Valle Imagna fosse il Far West, non mi ci sono mai addentrato… cercherei su Google, ma secondo te usano Google?»
Eh sì, invece! Prima Googlata ed ecco che trovo Francesco, allevatore di vacche Grigio Alpine e pecore Massesi.
C’era poco tempo ed un matrimonio da preparare in pochissimi giorni. Il nostro primo matrimonio al Castello, molti mesi prima di aprire Clu, molto prima ancora di cominciare i lavori per il nuovo ristorantino. Tante le cose da fare, poco il tempo a disposizione, quindi vabbè ordiniamo e che il Dio ce la mandi buona.
Arriva Francesco, avrà la mia età e negli occhi gli si legge la passione. Ci porta cose da assaggiare e si scusa pure se l’erborinato ha un sapore più deciso del solito perché un po’ in là con la stagionatura, ma è proprio quello che cerchiamo. Ci racconta un po’ di lui, ma noi abbiamo la testa da un’altra parte e purtroppo non gli dedichiamo l’attenzione che si meriterebbe.
Matrimonio: sposi ed invitati contenti, formaggi ok, tutti a casa. Finita lì, per ora.
Apre Clu, un ristorantino al Castello di Clanezzo (ve ne ho già parlato qui →).
In ritardo, di corsa, senza essere riuscito a costruire quella rete di fornitori locali che ci eravamo prefissati e che oggi piano piano stiamo componendo.
Dopo le prime settimane in apnea finalmente prendiamo una boccata di respiro e cominciamo da chi già conoscevamo, da Francesco. Questa volta con un po’ più di tranquillità e coscienza. Ricomincia la collaborazione e i prodotti del Recudì entrano tra i cluetti, ma a questo punto ci manca solo che andare a trovarlo a casa sua, tra i suoi pascoli.
La prima volta Waze mi ha fregato, metto l’indirizzo e vado, ma invece che in un’azienda agricola finisco in una falegnameria ed il signore un po’ burbero mi guarda e dice:
«Un altro… per andare dal Recudino bisogna salire da Berbenno, a meno che vuoi arrampicarti sul Pòren!»
Era il mio giorno libero e mi sono lasciato tentare da un barettino sulla strada… non è finita bene.
La seconda volta invece è stata quella giusta, siamo a Sant’Omobono Terme, ma praticamente a Berbenno. In una casa con annesso il caseificio e la piccola stalla, Francesco ci accoglie con papà e mamma che lo aiutano a portare avanti il lavoro, seguiti da due cagnolini che invece lo aiutano un po’ meno, ma che fame che hanno.
In mezzo ai pascoli, respiri l’aria di chi affronta una vita di sacrifici ma che è proprio quella che ha scelto e la vive sereno, felice di fare quello che gli piace. Nel racconto di Francesco c’è tutto quello che cerchiamo: un territorio, un prodotto, delle persone. Lui lavora solo con latte crudo e di propria produzione, senza l’aggiunta di fermenti, sia da pascolo che da fieno.
Non troppi animali, che tra poco saranno anche qualcuno in meno perché il prezzo del fieno è decuplicato ed è sfavorevole economicamente per una realtà come la sua. Da qui la decisione di ridurre la mandria e tenere solo i capi che puoi mantenere col fieno che auto-produce dai suoi stessi pascoli.
Francesco e la madre, ci guidano in caseificio attraverso i diversi assaggi. Un viaggio tra gli stracchini e le loro diverse stagionature, per passare poi alle tome da stagionatura, gli erborinati e le ricotte. Mamma ma che buona è la ricotta stagionata?
- «Eh no, Edo… ho sempre pensato che la Valle Imagna fosse il Far West, non mi ci sono mai addentrato… cercherei su Google, ma secondo te usano Google?»
Eh sì, invece! Prima Googlata ed ecco che trovo Francesco, allevatore di vacche Grigio Alpine e pecore Massesi.
C’era poco tempo ed un matrimonio da preparare in pochissimi giorni. Il nostro primo matrimonio al Castello, molti mesi prima di aprire Clu, molto prima ancora di cominciare i lavori per il nuovo ristorantino. Tante le cose da fare, poco il tempo a disposizione, quindi vabbè ordiniamo e che il Dio ce la mandi buona.
Il primo incontro
Arriva Francesco, avrà la mia età e negli occhi gli si legge la passione. Ci porta cose da assaggiare e si scusa pure se l’erborinato ha un sapore più deciso del solito perché un po’ in là con la stagionatura, ma è proprio quello che cerchiamo. Ci racconta un po’ di lui, ma noi abbiamo la testa da un’altra parte e purtroppo non gli dedichiamo l’attenzione che si meriterebbe.
Matrimonio: sposi ed invitati contenti, formaggi ok, tutti a casa. Finita lì, per ora.
Apre Clu, un ristorantino al Castello di Clanezzo (ve ne ho già parlato qui →).
In ritardo, di corsa, senza essere riuscito a costruire quella rete di fornitori locali che ci eravamo prefissati e che oggi piano piano stiamo componendo.
Dopo le prime settimane in apnea finalmente prendiamo una boccata di respiro e cominciamo da chi già conoscevamo, da Francesco. Questa volta con un po’ più di tranquillità e coscienza. Ricomincia la collaborazione e i prodotti del Recudì entrano tra i cluetti, ma a questo punto ci manca solo che andare a trovarlo a casa sua, tra i suoi pascoli.
La strada era sbagliata ma la direzione è quella giusta
La prima volta Waze mi ha fregato, metto l’indirizzo e vado, ma invece che in un’azienda agricola finisco in una falegnameria ed il signore un po’ burbero mi guarda e dice:
«Un altro… per andare dal Recudino bisogna salire da Berbenno, a meno che vuoi arrampicarti sul Pòren!»
Era il mio giorno libero e mi sono lasciato tentare da un barettino sulla strada… non è finita bene.
La seconda volta invece è stata quella giusta, siamo a Sant’Omobono Terme, ma praticamente a Berbenno. In una casa con annesso il caseificio e la piccola stalla, Francesco ci accoglie con papà e mamma che lo aiutano a portare avanti il lavoro, seguiti da due cagnolini che invece lo aiutano un po’ meno, ma che fame che hanno.
In mezzo ai pascoli, respiri l’aria di chi affronta una vita di sacrifici ma che è proprio quella che ha scelto e la vive sereno, felice di fare quello che gli piace. Nel racconto di Francesco c’è tutto quello che cerchiamo: un territorio, un prodotto, delle persone. Lui lavora solo con latte crudo e di propria produzione, senza l’aggiunta di fermenti, sia da pascolo che da fieno.
Non troppi animali, che tra poco saranno anche qualcuno in meno perché il prezzo del fieno è decuplicato ed è sfavorevole economicamente per una realtà come la sua. Da qui la decisione di ridurre la mandria e tenere solo i capi che puoi mantenere col fieno che auto-produce dai suoi stessi pascoli.
Francesco e la madre, ci guidano in caseificio attraverso i diversi assaggi. Un viaggio tra gli stracchini e le loro diverse stagionature, per passare poi alle tome da stagionatura, gli erborinati e le ricotte. Mamma ma che buona è la ricotta stagionata?