Non è solo un caffè - capitolo I
Ok, contestualizziamo!
Prima di aprire CLU, un ristorantino al Castello di Clanezzo con Edo e Michel, per qualche anno ho avuto la pessima idea di fare il professore all’iSchool di Bergamo, e con la scuola avevamo avviato un progetto bellissimo “TASTE” che era un Ristorante Didattico. Cioè non solo un Ristorante Didattico, ma il Ristorante Didattico più figo che c’era, perchè rispetto a tutti gli altri noi seguivamo le logiche di un’azienda vera: abbiamo aperto in centro Bergamo e non nella sede della scuola, con un affitto, delle bollette, un programma di comunicazione vero e proprio, aperti tutta la settimana, come un ristorante vero.
E se la gente non arrivava, dovevamo inventarci qualcosa come un ristorante vero… Per fortuna che poi siamo diventati il posto mainstream di turno ed eravamo sempre soldout, ma poi il covid… Ok, sto divagando, non è questo il punto.
Mi scrive un tale Gianni, e mi dice che sul caffè faccio cagare. Ma per me era “solo” un caffè. Cioè, cosa c’è da sapere sul caffè e come fa lui a dire che sul caffè faccio cagare se al ristorante non c’è nemmeno mai venuto? E poi scusa, ho la macchina a cialde in comodato con quella marca di cialde che sono indubbiamente buone, lo dice anche George, what else?
Sarà perchè quel giorno ero di buon umore, sarà perchè lui è sardo e lungi da me mettermi a litigare con un sardo… che allora gli rispondo “vieni, e parliamone”.
Perchè? Perchè dico io? Perchè quel giorno gli ho dato retta… adesso è davvero un casino andare in giro e bere un caffè in un bar a caso, è diventato un problema. Provo a descrivervi la sensazione: la crema è quasi montata, se va bene, altrimenti c’è un buco nero nel mezzo; il profumo è un po’ resti della brace della grigliata di pasquetta, ed un po’ posacenere della zia; il sapore è forte, intenso, pungente, amaro amarissimo, astringente, e finito il caffè voglio un bicchiere d’acqua. Il primo sorso d’acqua fa quasi peggio, amplifica, prolunga e pulisce tutti quei sapori che ho avvertito prima, e tornano quasi come un monito di avvertimento di non farlo mai più, il resto dell’acqua aiuta a lavare un po’ via il tutto.
Beh, tutto questo succede ora, ma prima non era affatto così:
“un caffè per piacere”
“un euro”
Pago, bevo, chiedo un bicchiere d’acqua, ringrazio, saluto e me ne vado. Ed era finita lì, che già me ne ero dimenticato.
Gianni mi ha aperto le porte di un mondo che è vasto e interessante almeno quanto quello del vino, quanto la ristorazione, quanto la ricerca della materia prima, quanto scoprire l’identità e la cultura di un territorio.
Quante volte chiedete al vostro barista di fiducia da dove proviene il caffè? Chi l’ha coltivato? Che varietà è? Come è stato lavorato? Quando è stato tostato?
E quante volte fate caso che venga macinato al momento, con una macinatura adatta e l’erogazione avvenga nei tempi giusti?
E quante volte vi capita di annusarlo e apprezzarne le sfumature come se fosse un bicchiere di vino? E il sapore è equilibrato o solo amaro? C’è un po’ di acidità e di morbidezza? La sensazione che vi lascia in bocca è così piacevole che non avete bisogno di nulla?
Scommetto di no… perchè non lo facevo nemmeno io. Quei pochi soldini che metto da parte mi piace spenderli in ristoranti, in esperienze enogastronomiche, dove tutto è ricercato, ogni dettaglio è frutto della passione e dell’impegno di qualcuno che si è sbattuto per portarmi a tavola il miglior frutto del suo lavoro. E mai ho fatto caso che quasi sempre in un’esperienza gastronomica super curata, il caffè resta “solo un caffè”
To be continued Scopri chi è Gianni Tratzi
Prima di aprire CLU, un ristorantino al Castello di Clanezzo con Edo e Michel, per qualche anno ho avuto la pessima idea di fare il professore all’iSchool di Bergamo, e con la scuola avevamo avviato un progetto bellissimo “TASTE” che era un Ristorante Didattico. Cioè non solo un Ristorante Didattico, ma il Ristorante Didattico più figo che c’era, perchè rispetto a tutti gli altri noi seguivamo le logiche di un’azienda vera: abbiamo aperto in centro Bergamo e non nella sede della scuola, con un affitto, delle bollette, un programma di comunicazione vero e proprio, aperti tutta la settimana, come un ristorante vero.
E se la gente non arrivava, dovevamo inventarci qualcosa come un ristorante vero… Per fortuna che poi siamo diventati il posto mainstream di turno ed eravamo sempre soldout, ma poi il covid… Ok, sto divagando, non è questo il punto.
Mi scrive un tale Gianni, e mi dice che sul caffè faccio cagare. Ma per me era “solo” un caffè. Cioè, cosa c’è da sapere sul caffè e come fa lui a dire che sul caffè faccio cagare se al ristorante non c’è nemmeno mai venuto? E poi scusa, ho la macchina a cialde in comodato con quella marca di cialde che sono indubbiamente buone, lo dice anche George, what else?
Sarà perchè quel giorno ero di buon umore, sarà perchè lui è sardo e lungi da me mettermi a litigare con un sardo… che allora gli rispondo “vieni, e parliamone”.
Perchè? Perchè dico io? Perchè quel giorno gli ho dato retta… adesso è davvero un casino andare in giro e bere un caffè in un bar a caso, è diventato un problema. Provo a descrivervi la sensazione: la crema è quasi montata, se va bene, altrimenti c’è un buco nero nel mezzo; il profumo è un po’ resti della brace della grigliata di pasquetta, ed un po’ posacenere della zia; il sapore è forte, intenso, pungente, amaro amarissimo, astringente, e finito il caffè voglio un bicchiere d’acqua. Il primo sorso d’acqua fa quasi peggio, amplifica, prolunga e pulisce tutti quei sapori che ho avvertito prima, e tornano quasi come un monito di avvertimento di non farlo mai più, il resto dell’acqua aiuta a lavare un po’ via il tutto.
Beh, tutto questo succede ora, ma prima non era affatto così:
“un caffè per piacere”
“un euro”
Pago, bevo, chiedo un bicchiere d’acqua, ringrazio, saluto e me ne vado. Ed era finita lì, che già me ne ero dimenticato.
Gianni mi ha aperto le porte di un mondo che è vasto e interessante almeno quanto quello del vino, quanto la ristorazione, quanto la ricerca della materia prima, quanto scoprire l’identità e la cultura di un territorio.
Quante volte chiedete al vostro barista di fiducia da dove proviene il caffè? Chi l’ha coltivato? Che varietà è? Come è stato lavorato? Quando è stato tostato?
E quante volte fate caso che venga macinato al momento, con una macinatura adatta e l’erogazione avvenga nei tempi giusti?
E quante volte vi capita di annusarlo e apprezzarne le sfumature come se fosse un bicchiere di vino? E il sapore è equilibrato o solo amaro? C’è un po’ di acidità e di morbidezza? La sensazione che vi lascia in bocca è così piacevole che non avete bisogno di nulla?
Scommetto di no… perchè non lo facevo nemmeno io. Quei pochi soldini che metto da parte mi piace spenderli in ristoranti, in esperienze enogastronomiche, dove tutto è ricercato, ogni dettaglio è frutto della passione e dell’impegno di qualcuno che si è sbattuto per portarmi a tavola il miglior frutto del suo lavoro. E mai ho fatto caso che quasi sempre in un’esperienza gastronomica super curata, il caffè resta “solo un caffè”
To be continued Scopri chi è Gianni Tratzi